Giustino Fortunato (1848-1932) è stato il maggiore conoscitore dell’Italia e dei suoi problemi, tra la fase dello Stato cosiddetto liberale e il fascismo. Fu il solo ad avvertire il pericolo del fascismo, e a non considerarlo una semplice “parentesi” (come fece Croce) o una restaurazione dello Stato liberale devastato dalla guerra. Ebbe una lucida visione della spaccatura territoriale della penisola e parlò con acuta premonizione delle “due Italie”. Ebbe chiarissimo il ruolo delle assemblee parlamentari e fu sempre contrario alla prevalenza dell’esecutivo sul legislativo. Basterebbero questi pochi tratti (ma molti altri possono essere espunti dalla sua biografia e dal suo fitto carteggio, pubblicato a cura di Emilio Gentile in 4 voll. da Laterza tra il 1978 e il 1981) per accomunarlo alla visione politica e culturale di Aldo Moro. Cosa che, stranamente, non risulta essere mai stata fatta specificamente. È noto che Fortunato ebbe una grande influenza su personaggi come Piero Gobetti, Guido Dorso, Umberto Zanotti Bianco, Nello Rosselli, Manlio Rossi Doria e Giorgio Amendola. Ma nulla sappiamo della sua influenza sul giovane e poi più maturo Aldo Moro, che non poteva non conoscere l’opera e la vita del grande studioso e uomo politico lucano. Risulta perciò quanto mai opportuno indagare su questo legame. Bisognerebbe prima di tutto partire dagli scritti di entrambi per compararne le idee di fondo e i passaggi particolari, e poi verificare se vi siano delle citazioni o dei riferimenti (espliciti o velati) di Moro riguardanti Fortunato. Sarebbe comunque una ricerca di grande utilità, poiché consentirebbe di individuare uno dei filoni ispirativi della visione del mondo e poi, a cascata, della linea politica di Moro, e di collegarlo alla più significativa storia culturale italiana ed europea (Fortunato aveva grandi collegamenti intellettuali in Europa ed era uomo di grandi e amplissime letture). Tra l’altro, se fosse accertato il legame tra Fortunato e Moro, ciò potrebbe rivelarsi molto proficuo per dimostrare come l’evoluzione intellettuale (e politica) di Moro andò progressivamente distaccandosi dal modello idealistico crociano (sotto un apparente rispetto formale Fortunato fu sempre ostile alle idee di Croce, che egli considerava astruse e pericolose), per avvicinarsi a un filone realistico, di diversa matrice ideale.
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