Alberto Carli, “Una recensione letteraria”
Incipit: Tra i tanti animali che compaiono nei versi di Terra Betlemme (Transeuropa, Massa 2020), di Gianfrancesco De Cosmo, sono i lupi a farsi presenze ricorrenti. Sbuffano «sui crinali più aspri» (Vorrei darti un nome), latrano in muta (Nascita) e cantano (La baita e la vita) o, talvolta, si fanno non soltanto comparse cariche di significati, bensì veri protagonisti del lirismo intimista e riflessivo, ma anche visionario, mistico e contemplativo, dell’autore. Accade, per esempio, in Lupo nella neve, dove la ferinitas della bestia non è paragonabile a quella dell’uomo (“la mia triste epoca/è più selvaggia della tua/e i miei simili lo son più/dei tuoi”) e dove il lupo stesso, totemico nella raccolta, “pendola nel bianco/come un acrobata sul filo”, con il respiro che “morde l’aria gelida”, mentre “s’accosta/all’ombre e le mimetizza”. Il lupo si fa quindi allegorico, portatore di un sistema simbolico e valoriale capace di raccogliere l’orgogliosa libertà dell’animale nel suo spazio naturale (più volte evocato da De Cosmo) e di saper proporre nella chiusa dell’ultimo componimento una contrapposizione rovesciata nei suoi termini usuali.
